I'll tell you about the Magic

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    re mesi erano praticamente volati.
    Non era stato facile destreggiarsi fra i due lavori part-time che le permettevano di pagarsi l'affitto in un monolocale dignitoso e lo studio, ma se c'era qualcosa che si poteva dire per certo di Morgan era che quando si metteva d'impegno, con santa pazienza, non c'era davvero nulla che non potesse fare. Alla fine si era dunque diplomata, per sua somma gioia, ed era finalmente pronta a iniziare la sua carriera di Cerca Pokémon. Certo, sarebbe stato altrettanto carino se avesse contattato i suoi genitori per dare anche a loro la lieta notizia e condividere così quella soddisfazione con qualcuno, ma... dopotutto c'era un motivo se la gente a Galar aveva avuto modo di reputarla una persona strana. Non aveva pensato di riallacciare i contatti con la sua famiglia neanche per un singolo istante, da quando era ad Owari, ma non per paura o malizia: era come se i chilometri che a tutti gli effetti la separavano dalla sua terra natale fossero inversamente proporzionali all'importanza che al momento quelle persone avevano per lei, come se trovarsi improvvisamente sola per lei non facesse nessuna differenza, come se mancasse anche del più basilare tatto che l'avrebbe aiutata a capire che, forse, a casa potevano essere preoccupati per lei ed un colpo di telefono almeno per dare segno di essere ancora viva non sarebbe stato una brutta idea.
    Era una fortuna che di queste cose lo staff del Laboratorio non potesse essere a conoscenza, oppure probabilmente col cavolo che le avrebbero consegnato un pokémon.
    Si era alzata prestissimo quella mattina, come sempre. Aveva saldato il conto con l'affittuario appena il giorno prima e, secondo gli accordi, avrebbe avuto tempo quella giornata per fare le valige - delle poche cose che aveva - e levare le tende, proposito che aveva tutta l'intenzione di portare a termine. Era uscita di casa con un buon anticipo - il che faceva intuire quanto si fosse alzata presto, dato che anche solo per acconciarsi i capelli in quella sua acconciatura assurda ci perdeva un mucchio di tempo -, in modo da poter arrivare perfettamente in orario all'appuntamento per il ritiro del suo starter, e aveva approfittato dell'arrivo della bella stagione - che soprattutto ad Aries già si faceva sentire, con un clima perfettamente temperato ed appena un alito di brezza fresca e profumata - per indossare delle scarpe aperte e, finalmente, un bel vestito. Naturalmente, per lasciare la città si sarebbe cambiata indossando qualcosa di più pratico, ma dato che aveva tutto il tempo di fare le cose con calma si era detta che un pizzico di frivolezza non l'avrebbe certo uccisa, e infatti oltre all'inconsueto tatuaggio sulla fronte sul suo visetto pallido come la luna spiccava anche una modesta quantità di trucco - un cat eye perfetto al millimetro, matita nera a tutta forza e rossetto nero tonalità funerale novembrino, perché ad Owari non c'è mai abbastanza goth.
    Data l'ora mattiniera, Via dell'Aurora non le sembrò particolarmente affollata, mentre la attraversava guardandosi attorno con aria distratta in attesa che il plesso del Laboratorio Pokémon entrasse nel suo campo visivo. Arrivò all'ingresso tondeggiante e familiare alle otto e dieci su per giù, circa cinque minuti prima dell'orario stabilito in sostanza: il viale d'ingresso era sgombro, segno che era o arrivata più presto degli altri o che nessun altro aveva un appuntamento fissato a quell'ora; il Laboratorio, comunque, supponeva dovesse essere aperto, anche se magari non da moltissimo, e possibilmente già con qualche assistente in attività che potesse archiviare la sua pratica. Era molto curiosa di sapere da chi le sarebbe capitato di essere accolta - o, per meglio dire, a chi sarebbe capitata lei - ma era ancora più curiosa di sapere chi sarebbe stato destinato ad essere suo compagno di viaggio, se doveva essere del tutto sincera.
    Artigli smaltati di rosso si protesero verso il bottone del campanello, che venne premuto un paio di volte per circa tre secondi ognuna dall'indice affusolato della giovane.
     
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    a luce del giorno filtrò attraverso le imposte del suo appartamento ad Aries, direttamente nella camera da letto dove stava ancora dormendo. Non sentiva il bisogno di coperte né di pigiama, avendo sempre caldo, in più sull'addome era raggomitolato una palla di pelo bianca ed azzurra che emetteva già di per sé un sacco di calore. La prima lama di luce andò a colpire proprio il piccolo Pachirisu, piccolo perché era davvero più piccolo della norma, facendolo squittire con vocetta ancora impastata dal sonno. Sollevò il capo, si guardò intorno con la stessa espressione assonnata della sera prima e, senza troppe cerimonie, si riacciambellò comodamente avvolgendosi nella sua coda.
    Avevano ancora un paio d'ore di sonno se non fosse stato per l'esemplare di Arcanine che si avvicinò timidamente al letto, aprendo la porta spostandola con il muso. Le grosse zampe erano dannatamente silenziose e senza guaire neanche una volta si mise seduto a fianco del letto, fissando il proprio allenatore con aria insistente.
    Si guardò intorno ed osservò lo scoiattolo sopra il corpo del Ranger, emettendo un basso fischio di gola che però la creatura non sentì. Il canide rimase almeno altri dieci secondi fermo fin quando non appoggiò la zampa sul letto, premendoci sopra un paio di volte cercando di svegliare l'uomo; dopo un vago tremolio delle palpebre aprì gli occhi, osservando il mastodontico cane che cominciò a scodinzolare - spolverando tutto il pavimento al contempo. "... Buongiorno..." Si svegliò in brevissimo tempo, qualche secondo solo per capire cosa stava succedendo: era ora della passeggiata di Fluffy. "Squeaky, squik, squeaky." La pallina di pelo reagì subito alla frase dell'uomo, alzando il musetto con aria infastidita, appena offesa ed arrendevole. Si stiracchiò e senza troppi complimenti si portò subito sulla spalla, squittendo un sacco di cose che per la maggior parte delle persone era incomprensibile. Non per Horace, ma erano dettagli.
    Dopo essere stato in bagno, dopo essersi lavato ed infine vestito - il classico cappotto in cerata giallo, la canotta bianca ed i pantaloni neri sorretti dalla cinta - prese le sue ball e si portò all'esterno. Inforcati gli occhiali da sole uscì insieme ai suoi due pokémon all'esterno, camminando placidamente evitando accuratamente le persone.
    Era meglio dire che loro evitavano accuratamente lui: era un uomo enorme, al limite dell'ipertrofico, una massa di muscoli che camminava con aria sempre truce in volto, accompagnato da un Arcanine che comunque dimostrava di essere addestrato a dovere. Potenzialmente anche il Pachirisu era pericolosissimo, ma essendo la metà buona di un esemplare normale non incuteva così tanto terrore. Il che la diceva lunga su come l'apparenza ingannava.
    Dopo aver fatto girare il tipo fuoco in lungo ed in largo e guardato l'alba con le sue sfumature dall'indaco all'azzurro decise che era il momento di mangiare qualcosa e cominciare la sua nuova vita al Laboratorio. Fu difficile poter ordinare un caffé e portare via delle brioche dolci per l'ufficio, il barista era terribilmente spaventato dalla sua presenza e l'agente Jenny di turno gli chiese i documenti per poterli controllare. Si prodigarono in scuse che lui accettò immediatamente, seppur in maniera forse un po' fredda, cercando di pagare quanto prima per scappare nella solitudine.
    Erano le otto quando aprì il laboratorio. Primo giorno, prima apertura, gli erano state date le chiavi e le mansioni. In quella giornata non aveva molti incontri, per questo erano così tranquilli da lasciargli le redini della vicenda.
    Tolse la giacca, prese un camice e cercò di infilarlo. Si rese conto ben presto che sarebbe sembrato Hulk con quello addosso, quindi decise di rimanere in canotta, con il suo Pachirisu sulla spalla e appese alla cintura l'Arcanine e gli altri suoi due pokémon. Prese il registro e cominciò a leggere per vedere chi fosse il primo aspirante allenatore della giornata ma il suono del campanello - due volte a dire il vero, tre secondi per volta - lo allertò in maniera improvvisa.
    Il postino? Ma non dovevano ricevere assolutamente niente, gli era stato assicurato. Deglutì e diede uno sguardo allo scoiattolo che rispose con un'alzata di spalle. Che doveva fare? Beh, in realtà era lì per un motivo, aprire la porta sarebbe stato già un passo avanti... no?
    Fu così che dopo qualche secondo la mastodontica figura seria, munita d'occhiali da sole scuri e con il piccolo Pachirisu sulla spalla si palesò sulla soglia, guardando con aria severa la ragazza dai capelli rosa, pelle chiara e il curioso tatuaggio sulla fronte. Di certo non poteva discutere lui, con le sue cicatrici ed i suoi di tatuaggi. "Benvenuta." Disse con la voce bassa.
    E adesso che doveva fare? Perché quella ragazza era lì? Che cosa voleva? Ma soprattutto, perché non lo chiedeva direttamente a lei? "Primo pokémon?" Domandò alzando un sopracciglio, gonfiando la cassa toracica d'aria, non pensando minimamente a quanto potesse essere minaccioso nel farlo. Per lui era un normale respiro.
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    l palesarsi di quella figura mastodontica e dall'aria oggettivamente intimidatoria non sortì nessun effetto visibile su di lei, almeno in primissima battuta. Morgan fissò Horace per un istante, espressione totalmente inintelligibile, mentre lui la accoglieva e le domandava - giustamente - se fosse lì per il primo pokémon o per altri motivi. Normalmente sapeva essere piuttosto reattiva nel rapportarsi al prossimo, soprattutto in situazioni di quella formalità, ma in questo caso si ritrovò ad indugiare nel silenzio per un quasi impercettibile secondo di troppo.
    Non era turbata, naturalmente, né intimorita. Sarebbe stata una reazione fin troppo normale, fra le altre cose, ma il motivo principale per cui aveva rubato quell'attimo di tranquillità al ritmo altrimenti spedito del suo modo di rapportarsi al prossimo era che quell'uomo non aveva nulla nelle sue apparenze che non fosse incredibilmente particolare. Forse perché aveva passato poco tempo ad Owari e aveva visto davvero pochissimo di quella regione, ma non credeva di aver mai avuto a che fare con una persona di quelle proporzioni, né di aver visto mai una tonalità di pelle simile a quella di Horace. In più, le braccia scoperte e nerborute di quell'uomo presentavano dei tatuaggi che avrebbe osato definire senza alcuna remora curiosi - da che pulpito - e voleva assolutamente saperne di più. In più, non le sfuggì minimamente la presenza dell'adorabile esemplare di Pachirisu appollaiato sulla spalla del Ranger, che lo rese se possibile ancor più interessante ed inoffensivo agli occhi della giovane
    Quel momento, tuttavia, passò come era arrivato e la ragazza si aprì in un sorriso serafico, alzando lo sguardo a sostenere senza alcuna paura quello del suo interlocutore. Non c'era un briciolo di tensione nella sua postura, né nella sua espressione: i grandi occhi di Morgan indagavano invece con una scintilla di pura curiosità quelli di lui, senza nessuna vergogna fra l'altro.
    «Sei l'uomo più imponente che abbia mai visto in vita mia.» esordì, con tutta la tranquillità del mondo, senza ricambiare in alcun modo l'atteggiamento di deferenza e circostanza che le era stato riservato. «Sì, in effetti sono qui proprio per il mio primo pokémon. Suppongo di doverti mostrare un documento.» abbassò lo sguardo, ma soltanto per poter iniziare a rovistare nella borsetta. «Quei tatuaggi sembrano così complessi, li trovo molto affascinanti.» osservò, sovrappensiero, mentre tirava fuori un piccolo portadocumenti che porse ad Horace, aperto a rivelare la carta d'identità con i suoi dati. Se avesse voluto prenderlo per vederlo meglio avrebbe potuto sottrarlo alla presa delicata delle mani della ragazza senza nessunissima difficoltà. «Morgan Ainsworth, molto piacere.» si presentò infine. Dall'inizio alla fine aveva mantenuto dei modi estremamente pacati che, uniti al fatto che il suo tono di voce pareva essere naturalmente molto flebile, stonavano incredibilmente col fatto che, fra una cosa e l'altra, non si fosse disturbata a mascherare tutte le sue curiosità, dandogli per di più del tu.
     
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    e sopracciglia dell'uomo si incurvarono ancora di più osservando la ragazza che lo fissava apertamente, ma non per rabbia, bensì si stava già maledicendo, convinto di averla intimorita più del dovuto. Era enorme e dal volto imbruttito, come volevasi dimostrare non era minimamente tagliato per fare l'aiuto allenatori; il suo posto era in mezzo alla natura, insieme ai pokémon selv...
    La prima frase della ragazza fu una letterale doccia fredda, al punto che gli occhi si sgranarono - cosa che non migliorò la sua espressione intimidatoria, trasformandola in rabbiosa - mentre un fiume di pensieri nella testa ricoperta da crine rosa stavano prendendo forma di parole, uscendo dalle sue labbra scure. All'effettivo era lì proprio per prendere il suo primo pokémon e allo stesso tempo non si lasciò sfuggire la possibilità di commentare i suoi complicati e assurdi tatuaggi, impressi con inchiostro scuro e chiaro sulla pelle fin troppo abbronzata.
    Rimase impietrito almeno tre secondi a guardare quella figurina nel suo vestito leggero, praticamente fatta di sogni e fumo, mostrare una straordinaria capacità di adattamento o di serenità mentale davanti a lui, che spaventava quasi ogni cosa. Come avrebbe dovuto reagire? Che cosa doveva fare, insomma, davanti ad un'aspirante allenatrice in grado di fronteggiarlo così, in maniera semplice e candida? Commuoversi sarebbe stato molto bello, ma non era propriamente in grado di commuoversi per una cosa del genere e di base aveva del lavoro da fare.
    Giusto, doveva darle il suo primo pokémon.
    Senza dire una parola tese il braccio per prendere il documento ma il Pachirisu fu più veloce, scattando su tutta la lunghezza dell'arto con la coda alta neanche fosse una bandiera, sottraendo senza chiedere il permesso i documenti della ragazza per poi tornare subito sul suo trono personale, la spalla del Ranger che riuscì solo ad esclamare "Squeaky!" con un tono che sembrava un rimprovero molto, molto debole. La creatura si lanciò in una filippica di commenti guardando il documento, battendo più volte le zampine sulla foto e mostrandola al proprio amico formato XXXL. Dall'esterno sembrava solo un piccolo pokémon forsennato che stesse vanverando, nessuno sapeva che i due avevano "quello" strano modo comunicativo.
    L'uomo rimase impassibile, ascoltando ciò che il suo compare aveva da dire, prendendo poi il documento e controllandolo ad una distanza ragionevole ossia non appiccicate alle lenti.
    Dopo aver controllato tutto riconsegnò l'oggetto alla legittima proprietaria, mugugnando con quello che sembrava un tono vagamente affermativo. "Mi segua." E senza dire altro si intrufolò all'interno della costruzione, camminando il più piano possibile e con le mani in tasca, così da non farsi seminare troppo facilmente. Insomma, non è che Morgan potesse andare in giro a fare ciò che le pareva nel Laboratorio, esistevano sezioni non aperte al pubblico, assicurando al luogo una certa protezione.
    Dopo un paio di corridoi entrarono nella consueta "sala della scelta". Prese la cartellina sul tavolo e controllò quale trio era capitato alla giovane e sollevò un sopracciglio, dentro divertito, all'apparenza scettico ed infastidito. Gli starter d'Alola. Recuperò la valigetta che venne aperta, all'interno tre pokéball scintillanti. "Ne scelga uno."
    Aiuto allenatorischeda ■ Post: 02 ■ ©
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